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ASSEGNO DI INCLUSIONE (ADI)
13 Marzo 2024 Famiglie

ASSEGNO DI INCLUSIONE (ADI)

Uno dei provvedimenti varati, a favore dell'avviamento al lavoro e dell'inclusione sociale, con il Decreto-Legge 06.05.2023 n. 48 (c.d. "Decreto Lavoro") convertito, con modificazioni, in Legge 06.07.2023 è il "Assegno di Inclusione" (ADI).
L'articolo 1 del Decreto Lavoro lo definisce una "misura di contrasto alla povertà e all'inclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento sociale nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro".
L'ADI, a partire dal 1° gennaio 2024, ha integralmente sostituito il precedente "Reddito di Cittadinanza" con notevoli miglioramenti.
Tale misura consiste in un sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, condizionato dalla prova dei mezzi e dell'adesione ad un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa; è una misura riconosciuta ai nuclei familiari in cui, almeno uno dei componenti, si trova nelle seguenti condizioni:
- Minorenni;
- Disabilità;
- Over 60;
- Fragilità (c.d. "condizione di svantaggio".
Il Decreto prevede in modo specifico le varie tipologie di soggetti che devono essere considerate in "condizione di svantaggio" e la documentazione, relativa a tale condizione, che deve essere allegata alla domanda di ADI.
Il richiedente, alla data di presentazione della domanda, deve possedere CONGIUNTAMENTE, determinati requisiti relativi a:
- Cittadinanza, residenza e/o soggiorno;
- Situazione patrimoniale;
- Disponibilità di beni durevoli (autoveicoli, motoveicoli, ecc.).
Il richiedente l'ADI deve anche dichiarare di NON ESSERE nelle seguenti condizioni:
- Essere sottoposto a misure cautelari di natura personale;
- Avere riportato condanne penali definitive o tramite "patteggiamento" con una pena non superiore a un anno di reclusione riportate nei 10 anni precedenti;
- Nel caso in cui abbia un'età compresa tra i 18 e i 29 anni, non avere adempiuto all'obbligo scolastico.
Per la domanda di ADI occorre essere in possesso di ISEE ordinario o di ISEE minorenni. L'ISEE corrente si può utilizzare solo nel caso in cui ne ricorrano i presupposti.
L'ADI, come già il precedente "Reddito di Cittadinanza", si compone di due parti:
A - Una quota di sostegno al reddito, fino ad un massimo di 6.000 euro annui;
B - Una quota a sostegno del pagamento del canone di locazione, fino ad un massimo di 3.360 euro annui.
Il beneficio economico dell'ADI può essere concesso fino ad un massimo di 18 mesi, rinnovabili per ulteriori dodici, previa sospensione di un mese.
Il beneficio dell'ADI viene erogato attraverso uno strumento di pagamento elettronico ricaricabile denominato "Carta di Inclusione".
Ai fini del riconoscimento del beneficio, il richiedente, dopo la presentazione della domanda deve iscriversi alla piattaforma SIISL al fine di sottoscrivere il "Patto di attivazione digitale" del nucleo familiare.
Durante la fruizione del beneficio dell'ADI, il richiedente, deve obbligatoriamente comunicare le seguenti variazioni:
- Variazioni nel nucleo familiare;
- Variazioni dell'attività lavorativa;
- Attività di lavoro dipendente;
- Attività di impresa o di lavoro autonomo;
- Partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro.
Sono causa di decadenza dal beneficio i casi in cui un componente il nucleo familiare:
- Non si presenti ai servizi sociali o ai servizi per il lavoro nei termini stabiliti;
- Non sottoscrive il patto di inclusione o il patto di servizio, salvo i casi di esonero;
- Non accetta, senza giustificato motivo, un offerta di lavoro;
- Non rispetta i termini relativi alla comunicazione delle variazioni;
- Non presenta la DSU aggiornata quando richiesto;
- Viene trovato a svolgere attività lavorativa, omettendo la prevista comunicazione.
In tutti i casi di revoca o di decadenza dal beneficio, l'INPS dispone immediatamente la disattivazione della Carta di Inclusione. Il beneficio può essere nuovamente richiesto solo decorsi sei mesi dalla revoca o dalla decadenza.

[Fonte: Portale Ministero del Lavoro e delle politiche sociali/Portale INPS/Formazione CAF - Tutela Fiscale del Contribuente]

Per qualunque vostra domanda e/o richiesta mi potete contattare tramite Whatsapp, Messenger o all'indirizzo e-mail: caf@studioscf.it

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NOZIONE DI PARTI COMUNI
13 Maggio 2025 Condominio

NOZIONE DI PARTI COMUNI

Come accennato parlando della definizione di “condominio”, l’art. 1117 enuncia il principio secondo cui “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo” alcune specifiche parti dell’edificio in condominio.

Da ciò rileviamo che, i beni i luoghi e i manufatti, indicati nell’articolo 1117 Codice civile, sono comuni a tutti i proprietari delle unità immobiliari del condominio; essi ne possono fare uso nei limiti stabiliti dall’articolo 1102 del Codice civile in materia di comunione (“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”). La riforma introdotta dalla Legge 220/2012 ha introdotto nell’articolo 1117 Codice civile il concetto di “godimento periodico” che è tipico delle unità immobiliari in “multiproprietà”, in cui la proprietà di una singola unità immobiliare è assegnata a più soggetti, ciascuno per un periodo limitato stabilito dai titoli di acquisto.

L’articolo 1117 Codice civile specifica “se non risulta il contrario dal titolo” poiché, in un condominio, può capitare che i titoli di acquisto originari attribuiscano un bene considerato “comune” in proprietà esclusiva o in uso ad un singolo proprietario; ad esempio, l’uso esclusivo della porzione di giardino condominiale antistante ai proprietari del piano terreno che hanno l’ingresso dell’abitazione sul giardino medesimo.

L’articolo 1117 Codice Civile contiene un elencazione sommaria delle parti comuni di un edificio condominiale che, seguendo la formulazione dell’articolo, possiamo suddividere in tre macrocategorie:
1. PARTI COMUNI STRUTTURALI: che costituiscono il corpo dell’edificio nel suo complesso (il suolo, il sottosuolo, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi, i tetti e i lastrici solari, i portoni, gli anditi, i vestiboli, i cortili, i cavedi e le facciate);
2. PARTI COMUNI FUNZIONALI: sono costituite dai luoghi e dai manufatti destinati all’uso comune (le aree destinate a parcheggio, il locale di portineria, il locale lavanderia, il locale stenditoio ed i sottotetti che, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, possono essere considerati destinati all’uso comune);
3. PARTI COMUNI “IMPIANTISTICHE”: sono costituite dagli impianti e dai luoghi e manufatti destinati al loro funzionamento (impianto idrico e fognario, impianto elettrico e relativo locale contatori, impianto di riscaldamento e relativo locale centrale termica, impianto di ascensore e relativo locale di manovra, la riforma introdotta dalla Legge 220/2012 ha inserito in questo punto anche gli impianti di ricezione di canali radiotelevisivi e altri flussi informatici da satellite e via cavo).

L’articolo 1117 bis Codice civile (introdotto dalla Legge 220/2012) stabilisce che la normativa sulle parti comuni può essere applicata anche alle situazioni di “condominio parziale” e di “supercondominio”.

L’articolo 1117 ter Codice civile (introdotto dalla Legge 220/2012) stabilisce che, qualora si verifichi la necessità, l’assemblea del condominio con la maggioranza dei 4/5 dei “partecipanti” al condominio che rappresenti i 4/5 del valore dell’edificio può deliberare la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni.
Dopo avere indicato la procedura con cui deve essere convocata l’assemblea per deliberare la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni, il medesimo articolo all’ultimo comma stabilisce che, in ogni caso, sono vietate le modificazioni di destinazione d’uso che possano recare danno alla stabilità ed alla sicurezza del fabbricato o ne alterino il decoro architettonico.

L’articolo 1117 quater Codice civile (introdotto dalla Legge 220/2012) stabilisce che, qualora un condomino esegua interventi sulle parti comuni che incidano negativamente sulla destinazione d’uso delle parti comuni, l’amministratore o anche uno dei condomini possono richiedere la convocazione dell’assemblea per deliberare la cessazione di tale violazione. L’assemblea delibera con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136 Codice civile.
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