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25 Marzo 2024 Famiglie

LA "CARTA DI INCLUSIONE"

La c.d. "Carta di Inclusione" è lo strumento di pagamento elettronico ricaricabile, erogato da Poste Italiane, su cui dal 1° gennaio 2024 verranno accreditati gli importi relativi ad ADI e SFL.
Il suo funzionamento ed utilizzo sono regolamentati dal combinato del "Decreto Lavoro" e del Decreto Interministeriale 27.12.2023.
La "Carta di Inclusione" è erogata a tutti i cittadini beneficiari delle misure di inclusione sociale e lavorativa.
La "Carta di Inclusione" è disponibile per i richiedenti, presso l'Ufficio Postale competente, entro sette giorni dalla sottoscrizione del PAD nucleo.
La "Carta di Inclusione" DEVE ESSERE UTILIZZATA solo per il pagamento della spesa alimentare presso negozi convenzionati, per spese sanitarie e bollette di luce e gas, quindi:
- Fare acquisti, SOLO SU CANALE FISICO, entro i limiti di disponibilità, presso negozi alimentari, farmacie e parafarmacie per beni non voluttuari;
- Prelevare contanti fino ad un massimo di 100 euro mensili moltiplicati per la scala di equivalenza del nucleo familiare;
- Fare un bonifico da un Ufficio postale, in favore del locatore, per il pagamento dell'affitto IN UNICA SOLUZIONE. La Carta può essere utilizzata anche per un bonifico per il pagamento della rata del mutuo ALL'INTERMEDIARIO CHE LO HA CONCESSO.
La "Carta di Inclusione" NON PUO' ESSERE UTILIZZATA per gli acquisti che sono specificatamente indicati nel Decreto 27.12.2023.
NON E' in ogni caso consentito, attraverso la "Carta di Inclusione":
- Effettuare acquisti online o all'estero, nonché acquisti attraverso servizi di direct marketing;
- Fare prelievi mensili di importo superiore a quello sopra indicato;
- Effettuare più di un bonifico al mese per canone di locazione e mutuo;
- Ricevere denaro da canali NON ESPRESSAMENTE INDICATI NEL DECRETO.

[Fonte: Dal web]

Per qualunque Vostra richiesta di informazioni e chiarimenti mi potete contattare tramite Whatsapp, Messenger o all'indirizzo e-mail: caf@studioscf.it

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NOZIONE DI PARTI COMUNI
13 Maggio 2025 Condominio

NOZIONE DI PARTI COMUNI

Come accennato parlando della definizione di “condominio”, l’art. 1117 enuncia il principio secondo cui “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo” alcune specifiche parti dell’edificio in condominio.

Da ciò rileviamo che, i beni i luoghi e i manufatti, indicati nell’articolo 1117 Codice civile, sono comuni a tutti i proprietari delle unità immobiliari del condominio; essi ne possono fare uso nei limiti stabiliti dall’articolo 1102 del Codice civile in materia di comunione (“Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”). La riforma introdotta dalla Legge 220/2012 ha introdotto nell’articolo 1117 Codice civile il concetto di “godimento periodico” che è tipico delle unità immobiliari in “multiproprietà”, in cui la proprietà di una singola unità immobiliare è assegnata a più soggetti, ciascuno per un periodo limitato stabilito dai titoli di acquisto.

L’articolo 1117 Codice civile specifica “se non risulta il contrario dal titolo” poiché, in un condominio, può capitare che i titoli di acquisto originari attribuiscano un bene considerato “comune” in proprietà esclusiva o in uso ad un singolo proprietario; ad esempio, l’uso esclusivo della porzione di giardino condominiale antistante ai proprietari del piano terreno che hanno l’ingresso dell’abitazione sul giardino medesimo.

L’articolo 1117 Codice Civile contiene un elencazione sommaria delle parti comuni di un edificio condominiale che, seguendo la formulazione dell’articolo, possiamo suddividere in tre macrocategorie:
1. PARTI COMUNI STRUTTURALI: che costituiscono il corpo dell’edificio nel suo complesso (il suolo, il sottosuolo, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi, i tetti e i lastrici solari, i portoni, gli anditi, i vestiboli, i cortili, i cavedi e le facciate);
2. PARTI COMUNI FUNZIONALI: sono costituite dai luoghi e dai manufatti destinati all’uso comune (le aree destinate a parcheggio, il locale di portineria, il locale lavanderia, il locale stenditoio ed i sottotetti che, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, possono essere considerati destinati all’uso comune);
3. PARTI COMUNI “IMPIANTISTICHE”: sono costituite dagli impianti e dai luoghi e manufatti destinati al loro funzionamento (impianto idrico e fognario, impianto elettrico e relativo locale contatori, impianto di riscaldamento e relativo locale centrale termica, impianto di ascensore e relativo locale di manovra, la riforma introdotta dalla Legge 220/2012 ha inserito in questo punto anche gli impianti di ricezione di canali radiotelevisivi e altri flussi informatici da satellite e via cavo).

L’articolo 1117 bis Codice civile (introdotto dalla Legge 220/2012) stabilisce che la normativa sulle parti comuni può essere applicata anche alle situazioni di “condominio parziale” e di “supercondominio”.

L’articolo 1117 ter Codice civile (introdotto dalla Legge 220/2012) stabilisce che, qualora si verifichi la necessità, l’assemblea del condominio con la maggioranza dei 4/5 dei “partecipanti” al condominio che rappresenti i 4/5 del valore dell’edificio può deliberare la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni.
Dopo avere indicato la procedura con cui deve essere convocata l’assemblea per deliberare la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni, il medesimo articolo all’ultimo comma stabilisce che, in ogni caso, sono vietate le modificazioni di destinazione d’uso che possano recare danno alla stabilità ed alla sicurezza del fabbricato o ne alterino il decoro architettonico.

L’articolo 1117 quater Codice civile (introdotto dalla Legge 220/2012) stabilisce che, qualora un condomino esegua interventi sulle parti comuni che incidano negativamente sulla destinazione d’uso delle parti comuni, l’amministratore o anche uno dei condomini possono richiedere la convocazione dell’assemblea per deliberare la cessazione di tale violazione. L’assemblea delibera con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136 Codice civile.
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